Lentini: SS.Alfio,Filadelfo,Cirino
La Storia dei Martiri: I fratelli, Alfio, Filadelfo e Cirino nascono da Vitale e Benedetta, genitori cristiani, nel III secolo d.C., nella cittadina di Vaste in provincia di Lecce. Furono Martiri della persecuzione romana contro i Cristiani, accusati all'epoca di provocare la generale rovina in cui era caduto l'impero romano. Nel 250 l'imperatore Decio emano' un editto con cui si esigeva che ogni persona sospettata di cristianesimo dovesse offrire incenso ad una qualsiasi divinita' romana, compreso l'imperatore. Il rifiuto di adorare l'imperatore sarebbe stato in sostanza il rifiuto di sottomettersi all'impero e i recalcitranti sarebbero stati condannati a morte. Ed in questo contesto storico alla fine del 251, mentre era a capo dell'impero Treboniano Gallo, succeduto a Decio, un plotone di soldati romani si presentarono a Vaste in Puglia nella casa patrizia di Vitale e Benedetta da Locuste. Hanno l'ordine di tradurre in catene i loro 3 giovani figli, rei di avere elusa la legge con la continua testimonianza di quella fede che avevano assimilato in famiglia. Vennero prima interrogati da Nigellione, delegato dell'imperatore per l'Italia meridionale, il quale, impotente a fiaccarne le loro convinzioni, li fece trasferire a Roma, convinto che, lontani dall'influenza del loro precettore Onesimo, sarebbero stati piu' cedevoli ai voleri delle autorita' imperiali. Qui giunti e rinchiusi nel carcere Memertino ai piedi del Campidoglio, subiscono un altro processo ad opera del prefetto Licinio, conclusosi con un nulla di fatto. Ma, se da un canto non si vuole infierire sui tre giovani fratelli, espressione di una delle piu' ragguardevoli famiglie dell'impero, dall'altro si pretende la loro sottomissione. Ecco perche' vengono trasferiti a Pozzuoli, ove neanche Diomede riesce a piegarli e successivamente in Sicilia, ove dettava legge Tertullo, giovane patrizio romano, che destinato come preside dell'isola, aveva acquistato fama di funzionario integerrimo ed autoritario. Sbarcati a Messina il 25 agosto del 252, i 3 fratelli subiscono un primo processo a Taormina, poi durante il loro doloroso e lungo pellegrinaggio, passano da Trecastagni, alle falde dell'Etna e infine vengono condotti a Lentini, sede di una delle dimore preferite da Tertullo, che per spezzarne la resistenza li volle a se vicini il 3 settembre 252, giorno del loro arrivo, affidandoli al suo vicario Alessandro, con il compito di sostituirlo nell'opera di persuasione durante i giorni in cui sarebbe stato fuori citta'. Viveva allora a Lentini Tecla, di nobile famiglia e ricca proprietaria, cugina di Alessandro e da oltre 6 anni colpita da paralisi alle gambe. Appunto per questo, saputo dei prodigi in nome di Cristo, che durante il tragitto da Roma a Lentini, avevano accompagnato i 3 fratelli,chiese al cugino di poter incontrare quei giovani per un ultimo tentativo di implorare, loro tramite, la sua guarigione. Richiesta che, dato l'immenso affetto che Alessandro nutriva per Tecla, venne esaudita con suo grande rischio in uno dei giorni di assenza di Tertullo. I 3 fratelli rimasero commossi alla vista di quella bella giovane immobilizzata sul letto le promisero che avrebbero pregato per lei. Durante la stessa notte a Tecla comparve in sogno l'apostolo Andrea che, segnatala con un segno di croce, la rassicuro' che sarebbe guarita grazie all'intercessione di quei giovani incarcerati da Tertullo. Cosi' fu. Ella si sveglio' guarita ed ancora con la complicita' dello sbigottito Alessandro, si volle recare subito al carcere per ringraziare i 3 giovinetti che d'allora continuo' a visitare ogni giorno di nascosto, assistendoli, confortandoli e portando loro da mangiare. La sua opera di assistenza purtroppo duro' poco, giacche' Tertullo, arresosi di fronte allo loro inflessibile costanza nella fede in Cristo, emano' la sua inappellabile sentenza, seguita dall'immediata esecuzione: dopo averli fatto girare ammanettati e frustati per le vie di Lentini, esposti allo scherno della plebe inferocita ed urlante, ad Alfio venne strappata la lingua, Filadelfo fu bruciato su una graticola, Cirino fu immerso in una caldaia di olio bollente. Era il 10 maggio del 253 ed Alfio aveva 22 anni e 7 mesi, Filadelfo 21, Cirino 19 e 8 mesi. Su ordine di Tertullo i loro corpi, martirizzati e privi di vita, furono legati con funi e trascinati in una foresta, chiamata "strobilio" per la gran quantita' di pini esistenti. Le spoglie vennero buttate in un pozzo secco, vicino alla casa di Tecla, che ,ormai convertita alla religione di Cristo, nella notte tra il 10 e 11 maggio, accompagnata dalla cugina Giustina e da 11 servi cristiani tra cui 5 donne, estrasse i corpi e, trasportatili in una campagna vicina, diede loro degna sepoltura, sfruttando una piccola grotta che e' quella esistente ancora nella chiesa di Sant'Alfio e sulla quale successivamente nel 261, placatesi le persecuzioni, venne eretto un grande tempio ed essi dedicato. Ancora oggi il 9,10 e 11 maggio di ogni anno si ricorda il martirio con una solenne festa che coinvolge l'intera popolazione di Lentini.
La Chiesa e i Martiri: Si concludeva cosi' la breve vita terrena dei tre Santi, ma il loro sangue non era stato versato invano: costitui' il seme di quella Chiesa Leontina che ebbe il privilegio di essere elevata a sede vescovile, privilegio' che tenne sino al 790. Il primo vescovo di Lentini fu Neofito, nuovo nome di quell'Alessandro, vicario di Tertullo, convertitosi anch'egli al cristianesimo e consacrato dallo steso Sant'Andrea nel 259. Seguirono Rodippo (290), Crispo (305), Teodosio Maratonide (338), Feliciano (372), Herodion (407), Teodosio (438), Crescenzio (496), Luciano I (538), Alessandro (600), Lucido (643), Luciano II (649), Costantino (787), con cui si chiude la serie storicamente accertata. Fu appunto quest'ultimo, intimorito dai pericoli di una imminente invasione musulmana, a volere in gran segreto il trasferimento delle sacre reliquie nel suo convento di Fragala' al principio del 9° secolo. e da allora i lentinesi non ne ebbero piu ' notizie. Sino al 22 settembre del 1516 quando alcuni operai, nell'abbattere un muro del monastero di Fragala', trovarono nascosta in un sacco di tela una cassetta contenente ossa umane ed un manoscritto in greco antico. Informato l'abate, questi si premuro 'di far tradurre il documento che confermo 'essere quelle ossa i resti umani dei 3 giovani fratelli che erano stati martirizzati a Lentini. Grande fu la gioia dei monaci che, dopo una solenne processione, conservarono le reliquie nella loro chiesa sotto l'altare da tempo consacrato ai 3 martiri. La notizia ben presto giunse a Catania e poi a Lentini, dove si decise di mandare 5 sacerdoti ed 1 laico alla Badia di Fragala' per sondare gli umori di quei monaci e nello stesso tempo per studiare la topografia del convento nel caso si dovesse optare per un ricorso alla forza. La missione non ebbe purtroppo un esito felice: sulla loro richiesta i monaci non si pronunciarono apertamente, avallarono diritti, chiesero di sentire prima i loro superiori. Al ritorno a Lentini questa presa di posizione fu illustrata dagli sconfitti ambasciatori ai loro concittadini che, desiderosi di avere al piu' presto i resti dei propri Martiri protettori, votarono all'unanimita' in assemblea di armare una spedizione per avere con la forza quello che non erano riusciti ad ottenere con la forza di quella legge naturale che dava loro il diritto al possesso delle sacre reliquie. Questa, al comando di Giovanni Musso, giunse sul far della notte del 29 agosto, di fronte al Convento di Fragala'. Dopo aver bussato ripetutamente e rassicurato i monaci delle loro intenzioni, i lentinesi, visti vani i tentativi di pacifico accesso, decisero l'azione di forza. In breve entrarono nel cortile. Ai monaci, impauriti per quella brusca invasione di armati, parteciparono ancora una volta il nobile scopo della loro missione, che altro non era di ritornare in possesso delle reliquie dei loro Santi protettori; reliquie che alla fine furono loro consegnati dall'abate. il 2 settembre 1517 quindi, 80 cavalieri entrarono al galoppo a Lentini, accolti dagli applausi, e portavano, sorretta da "fra servo di Dio" la cassetta con le reliquie dei Santi Alfio, Filadelfo e Cirino. Questa fu consegnata ai sacerdoti della chiesa di Lentini e dopo una solenne processione custodita nella Chiesa dei Martiri. Ma se il cittadino lentinese era stato soddisfatto nelle sue aspirazioni, la chiesa leontina, non poteva chiudere questo capitolo dell asua nobile storia con quell'atto di forza 'extra legem'. Mando' vari doni ai monaci di Fragala' e successivamente, tramite alla brillante arringa di difesa di Don Costantino, inviato espressamente dal senato Lentinese in Vaticano, chiese e ottenne dal sommo pontefice Leone X la conferma della titolarita' del possesso delle reliquie e la remissione di ogni censura.
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