Lentini: Uomini illustri

Ortensio Scammacca

Nacque a Lentini nell'anno 1562 dal nobilissimo Antonio e da Isabella d'Arezzo. Nel 1582 entro' nell'ordine della Compagnia di Gesu', appena ventenne e lascio' Lentini per trasferirsi a Palermo dove mori' il 16 febbraio 1648 a 86 anni e dove fu sepolto nella chiesa dei Gesuiti. Il ritiro monastico, la serenita’ e la pace nonche’ l’enorme patrimonio di classici greci e latini custoditi nelle immense biblioteche dai Gesuiti confratelli, furono gli elementi ideali per lo Scammacca a ingrandire sempre piu’ il suo amore allo studio delle lingue e ben presto divenne profondo conoscitore oltre che della lingua latina e greca, anche di quella ebraica, araba, caldea e di queste ultime assai si valse per interpretare le Sacre Scritture di cui tenne la cattedra a Palermo unitamente a quella di Teologia e Filosofia. La sua piu' grande attrazione fu esercitata dal teatro di Sofocle e Euripide. E a loro fu paragonato da molti suoi contemporanei, mentre qualcuno gli elargiva addirittura l’appellativo di “divino poeta”. Gia’ nel 1593 veniva per la prima volta battezzata dalle scene una tragedia di Ortensio Scammacca: il “Giuseppe” nel collegio dei Gesuiti di Monreale, cui segui’ nel 1610 quella dell’”Amira” eseguita con gran lusso di scene dipinte. Nel 1621 e 22 si rappresentarono a Palermo “S.Alessio”, “Agata” e “S.Lucia”. Copiosissima e’ la mole delle opere scritte dai poeti siciliani dell’epoca ma indiscutibile pro’ la fama piu’ chiara rimase quella dello Scammacca potendosi serenamente qualificare come il primo poeta tragico dell’isola. Le 45 tragedie che rimangono, pubblicate a cura di Martino La Farina di Palermo dal 1632 al 1648 e raccolte in 14 volumi, si possono suddividere in 3 gruppi: 1) n.11 tragedie morali imitate da Sofocle e da Euripide. I soggetti sono uguali a quelli originali avendo soltanto lo Scammacca cambiato i nomi e il volgere del fato facendo risultare ogni conclusione piu’ consona ai dettami della sua regola cristiana. 2) n.8 tragedie parafrasate da Sofocle e Euripide. Le finalita’ di questo secondo gruppo sono perfettamente uguali a quelle del primo. 3) n.26 Sacre rappresentazioni e Tragedie Sacre. La materia continuo’ a essere la medesima ma priva di quella ingenuita’ di sentimenti di cui sono ricche le sacre rappresentazioni del 400.  Delle altre 7 tragedie andate perdute si conoscono soltanto i titoli. Tutta l’opera dello Scammacca si e’ rivelata chiaramente tesa ad un unico scopo: quello di infondere nella massa i principi religiosi e morali. Nelle sue tragedie si incontrano spesso squarci di grande efficacia per coloritura descrittiva e potenza drammatica, per cui ai suoi tempi piacque e fu popolarissimo e di grande fama, mai superata da alcun altro e merita largamente di essere annoverato fra i grandi lentinesi.

Notizie tratte da "Uomini e Santi" di S.Brancato, per gentile concessione del suo autore.

 
Diz. biografico degli italiani dell’Ist. Enciclopedia Italiana fondata da G.Treccani
Scammacca Ortensio
Poeta tragico, nato a Lentini, di nobile famiglia, nel 1562. entrato nella compagnia di Gesu’ (1582), trascorse la lunga sua vita a Palermo dove mori’ nel 1648. lascio’ ben 45 tragedie, morali e sacre (edite in 14 volumi fra il 1632 e il 1648), dalle quali ebbe fama protrattasi financo nel sec.XVIII. oggi, di fronte alla mediocrita’ dell’ingegno che esse attestano, non gli si puo’ dare altra lode che quella di un’eccezionale mediocrita’. Pur serbandosi ossequiente ai canoni del teatro cosiddetto “gesuitico” che considerava la tragedia come strumento d’educazione morale e religiosa, anzi addirittura come arma contro l’eresia e la miscredenza, si permise qualche liberta’, come quella di assumere a protagonista una donna. Per i soggetti si valse non solo dell’antico testamento e delle leggende dei santi della sua isola (Giuseppe venduto, Rosalia, S.Agata), ma anche dalla tradizione popolare (Amira, Boemondo, Matteo di Termine) o addirittura della storia moderna (Consalvo, trilogia su Tommaso Moro). La varieta’ e’ tuttavia piuttosto esteriore, poiche’ tutti i suoi drammi, compresi quelli che per la materia e per l’intervento del soprannaturale cristiano farebbero pensare alla sacra rappresentazione, ubbidiscono freddamente alle regole della poetica classica che lo Scammacca desunse non solo da Aristotele ma anche da Sofocle e da Euripide, a lui ben noti, avendone tradotto o parafrasato parecchie tragedie.
Bibl.: F.S.Quadrio, Storia e ragione d’ogni poesia, Milano 1743, III, pagine 87-88; L.Natoli, H.Scammacca e le sue tragedie, Palermo 1885; E.Bertana, la tragedia  (storia dei generi letterari), Milano s.a., pp.178-188.