Lentini: Uomini illustri
Carlo Cicero
Non so se qualcuno, in passato, si è occupato di Carlo Cicero, nel senso che ne ha cercato di ricordare gli interessi, l’identità, la sua straordinaria vitalità organizzativa e culturale. Nato a Carlentini il 13-5-1895, si è spento a Catania il 4-3-1972. Dopo aver frequentato la scuola elementare e media nella città di origine, ha proseguito gli studi iscrivendosi al Liceo Classico di Noto, dove ha conseguito la maturità classica. Si è iscritto, subito dopo, al Politecnico di Torino, dove si è laureato in Ingegneria Elettrotecnica. Dopo una breve parentesi di due anni, trascorsa a Roma per motivi di lavoro (dal 1922 al 1924), nel 1924 ritorna a Carlentini, perché gli è stato offerto dalla (Società Generale Elettrica Siciliana) il posto di Capo Raggruppamento di un’ampia zona comprendente i Comuni di Augusta, Melilli, Carlentini, Lentini e Francofonte. Un lavoro prestigioso e impegnativo, che gli consentirà di assumere anche un ruolo pubblico non indifferente. Nel 1932, dopo la morte della prima moglie, decide di trasferirsi a Lentini, e qui, in un contesto umano e ambientale relativamente favorevole, riesce ad esprimere compiutamente le sue attitudini personali e a svolgere quella attività per la quale ora si ritiene opportuno e doveroso parlarne. Una piccola parentesi, inoltre, per ricordare che Carlo Cicero, prima di portare a compimento i suoi studi, come Ufficiale - con il grado di Tenente, prima, e con quello di Capitano, dopo - partecipa alla Guerra Mondiale, nel corso della quale si distingue per il coraggio, la perizia, l’ardimento e l’altruismo con i quali affronta i momenti più difficili e pericolosi del conflitto. Non a caso, con Decreto del Ministro per la Guerra, come alto riconoscimento morale dei suddetti meriti, gli vengono conferite, entrambe al valore militare, la medaglia d’argento nel 1918 e quella di bronzo nel 1919. Si congederà con il grado di maggiore subito dopo la guerra. A Lentini, dunque, come si diceva, Carlo Cicero trova un ambiente fertile e ricettivo, pronto a scommettersi, chiuso il capitolo maldestro e tormentato del conflitto mondiale, sulle prospettive di ricostruzione civile e culturale della città. E di questa città, pur non essendo la sua città di origine, riesce a promuovere e a valorizzare, in sintonia osmotica con altre brillanti risorse intellettuali, le istanze migliori e più incoraggianti. E lo fa, come si direbbe oggi, con spirito bipartisan. In questa città, che diventa la sua città di adozione, Carlo Cicero esprime pienamente la sua poliedrica e versatile personalità morale, culturale e politica. Qui, e non altrove, si svolge e trova compiuta attuazione l’arco parabolico della sua indimenticata esperienza pubblica. Una esperienza, possiamo forse dire, che si consuma, in modo particolare a partire dai primi anni del secondo dopoguerra (che sono gli anni della riorganizzazione politica del movimento operaio e socialista, nell’ambito del quale - localmente e nazionalmente - un ruolo preponderante acquista il Partito Comunista Italiano, ma anche della costruzione democratica e repubblicana del nuovo Stato e della ricostruzione socio-economica del Paese), lungo un duplice versante: quello politico, da un lato, che lo vede sincero e appassionato dirigente socialista; quello culturale, dall’altro, che lo vede, con un ruolo di primissimo piano, di numerosissime iniziative finalizzate alla emancipazione intellettuale e morale delle popolazioni locali. Comincia così per Carlo Cicero, dopo la parentesi dolorosa del regime fascista, un’avventura nuova e trascinante, densa di impegni e di concreti risultati operativi. Sotto il profilo politico, la sua incrollabile fede socialista lo porta ad aderire al Partito Socialista dei Lavoratori italiani e a scrivere, a sostegno dell’identità politico-ideologica del suo nuovo partito di appartenenza, e come espressione di un viatico ideale che lo ha sempre caratterizzato, non pochi e sentiti articoli per l’Azione Socialista: il giornale che nasce nella Provincia di Siracusa come portavoce ufficiale del nuovo Partito. Ecco, per esempio, che cosa scrive, in prima pagina (Anno I, n. 2 del 3 febbraio 1947): “…il dovere di tutti i socialisti” è quello di “lottare per la dignità e l’emancipazione del lavoro umano da ogni sfruttamento iniquo e assurdo; elevare ed educare la coscienza della massa dei lavoratori per renderli sempre più consapevoli…dei loro diritti e doveri verso la collettività e verso se stessi; rialzare il tono morale e materiale degli umili mediante realizzazioni concrete e positive; sviluppare e potenziare al massimo lo spirito di solidarietà tra uomini liberi e uguali…”. Queste righe, in fondo, così autentiche e vibranti, costituiscono una sorta di rappresentazione emblematica del suo testamento politico-ideologico. E ad essa egli riconduce coerentemente la sua stessa vita privata e pubblica. Di questo disegno esistenziale, infatti, si è voluto fare interprete sincero e illuminato. La vita pubblica, soprattutto, non come arena nella quale prevalgono gli istinti malsani o ci si contende il potere in modo spregiudicato o disonesto, ma come luogo fisico e virtuale nel quale ognuno si cimenta con il talento delle proprie virtù al servizio del bene comune. E a questa chiave di lettura della militanza politica, Carlo Cicero cerca di rifarsi quando, con le elezioni comunali del 6-7 novembre 1960, candidato nella lista del P.S.I., diventa Consigliere Comunale e viene nominato capogruppo. Nell’ambito della successiva seduta consiliare del 25 novembre, il P.C.I., con una maggioranza di 23 Consiglieri, eleggeranno Sindaco Nello Arena, allora leader emergente della locale sezione del P.C.I. L’esperienza si rivelerà spigolosa e travagliata. Non a caso, a distanza di due mesi dall’elezione del Sindaco e della Giunta, la minoranza - formata dalla D.C., dal M.S.I. e dal P.S.D.I. (complessivamente 17 Consiglieri) - decide di presentare il 31-1-1961 una mozione di sfiducia nei confronti dell’Amministrazione in carica, che non avrà - però - nessun seguito perché dichiarata decaduta nella riunione consiliare del 21-2-1961. La visibilità pubblica di Carlo Cicero, tuttavia, non si esaurisce con la sua esperienza politica, e per ricostruirne il ruolo e i contenuti, bisogna fare un passo indietro. Bisogna tornare al 1947, perché nel 1947 comincia la sua instancabile opera di organizzatore culturale: prima, come Presidente del Centro studi Notaro Jacopo; dopo, come Presidente del Consiglio di Amministrazione della Biblioteca Civica e del premio Lentini: due autentiche perle della storia culturale della nostra città. Costituito nel 1947, il Centro Studi Notaro Jacopo si è subito imposto all’attenzione delle coscienze intellettuali più attente e sensibili per la intensità del suo lavoro e per l’alta qualità delle sue iniziative. Con il Centro Studi Notaro Jacopo, viene scritta a Lentini, al di sopra e al di fuori di ogni partigianeria politica, una delle pagine più belle e illuminate della storia civile e culturale di Lentini, e una prova ne è stata la partecipazione qualitativa e quantitativa alle iniziative dallo stesso promosse. Per dieci anni, dal 1947 al 1957 (sempre presieduto da Carlo Cicero), esso diventa un punto di riferimento stabile e autorevole, ed è proprio grazie ad esso che partono le prime ricerche relative agli Scavi Archeologici, le cui potenzialità ancora oggi non risultano del tutto dispiegate. Incontri, dibattiti, conferenze, concerti, rappresentazioni teatrali: una stagione ricca ed entusiasmante, che si è conclusa formalmente, nel 1957, con la chiusura del Centro Studi Notaro Jacopo, ma che è proseguita, nella sostanza, dopo il 1957, con la istituzione della Biblioteca Civica e la nascita del Premio Lentini. Accanto a Carlo Cicero, una piccola - ma coesa, intelligente, motivata e determinata - squadra di eccellenti collaboratori (Alfio Sgalambro, Carlo Lo Presti, Salvatore Ciancio, Gianni Cannone), autentici testimoni e protagonisti di un tempo che avrebbe meritato esiti migliori. Ricordo, non senza qualche nostalgico trascinamento della memoria, i resoconti giornalistici (di testate non locali) contenenti gli accenti descrittivi dedicati all’inebriante odore di zagara dei nostri giardini: di una campagna allo stesso tempo visceralmente segnata dalla fatica quotidiana del lavoro bracciantile e dalla vista suggestiva e lussureggiante di illimitate distese agrumarie, tutte verdi e incontenibilmente fragranti. Un mondo, è vero, che ci appare lontano e dimenticato, che non fa parte forse, purtroppo, oramai, del patrimonio sensibile delle odierne generazioni giovanili, ma del quale resta inconfondibilmente immutato il fascino materiale e immateriale di un incompiuto orizzonte della speranza, nel quale molti hanno creduto e vorrebbero probabilmente ancora continuare a credere. E non mi sembra un caso che venga, ancora una volta, chiamato Carlo Cicero a presiedere il Consiglio di Amministrazione della Biblioteca Civica e del Premio Lentini. È stato,possiamo dire, un attore del suo tempo: uno dei motori propulsivi dello sviluppo della propria terra, che voleva più operosa, aperta, solidale ed evoluta. Un uomo del suo tempo, che ha costruito, assieme ad altri, un significativo pezzo di storia. Se dovessi, allora, in conclusione, chiudendo questo breve e modesto contributo alla sua conoscenza biografica, essere chiamato giudiziosamente a definire i tratti riassuntivi della sua multiforme fisionomia personale, direi, come amerebbe ripetere il Direttore di questo giornale, che Carlo Cicero è stato un maestro di cittadinanza attiva. E questa è la lezione che dobbiamo umilmente e orgogliosamente conservare e trasmettere.
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