- I QUARTIERI STORICI E I
TOPONIMI DI LENTINI
-
- MARONNA
O CASTEDDU
- (Madonna del Castello)
- Via Focea
-
- Il toponimo, molto antico, e' legato alla
tavola con l'immagine della Madonna con il Bambino, che, secondo la
tradizione, fu fortuitamente trovata il 24 giugno 1240, nella spiaggia di Agnone Bagni, da marinai catanesi e lentinesi. questi,, venuti ben presto
in contrasto per il possesso della sacra immagine, pensarono di affidare
alla sorte la decisone su quale delle due città dovesse vantare il
possesso della tavola. a tal fine, il quadro fu posto su un carro trainato
da due buoi che vennero lasciati liberi di scegliere la direzione per cui
andare. gli animali presero la strada per Lentini che da quel momento
custodì l'effige sacra. La devozione dei lentinesi verso la Madonna ha
radici profonde e antiche. Già prima del concilio di Efeso (431 d.C.),
durante il quale fu proclamato ufficialmente, la chiesa leontina aveva
affermato e fatto proprio il dogma della maternità divina di Maria.
Durante le guerre e le vicissitudini che travagliarono la storia della
città, la devozione profonda dei lentinesi verso la Madonna si manifestò
nell'attaccamento e nella strenua difesa di questa immagine. Per
proteggerla da eventuali furti o atti sacrileghi, venne portata bel
castello (castellaccio), da cui prese il nome di Santa Maria Maggiore del
castello. La tavola che rappresenta la Vergine in piedi con il Bambino in
braccio, e' di fattura bizantineggiante. Secondo la tradizione, fu dipinta
da San Luca come attesterebbe l'iscrizione "Lucas ad Leontinos"
sulla tavola. L'edicola presente nella attuale via Focea, indicata con il
nome di Madonna del Castello, nome che viene esteso anche al quartiere
circostante, sarebbe da collegare, secondo alla tradizione popolare
alla fermata che il carro con i buoi avrebbe fatto in questo luogo.
L'edicola della Madonna del castello era tenuta in grande considerazione
dai fedeli e la Madonna veniva invocata nei momenti più delicati della
vita della città. In particolare, nei momenti in cui le avverse
condizioni metereologiche compromettevano il buon andamento delle
coltivazioni e dei raccolti, si era soliti andare in pellegrinaggio ad
invocare l'aiuto della Vergine. Una lunga processione di fanciulle vergini
si recava, con in testa il clero locale, alla edicola della Madonna del
Castello, invocando la benedizione della Vergine e chiedendo
l'intercessione della Madre di Dio per far cessare la calamità. Secondo
un'altra tradizione, l'edicola ricorderebbe la presenza del convento dei
Carmelitani e dell'annessa chiesa della Madonna Annunziata in cui era
conservata la sacra immagine dell'Annunciazione, portata dalla terra santa
dai monaci carmelitani nel XIII secolo. Nel convento trecentesco, che
sorgeva sull'area occupata attualmente dalla scuola media "Riccardo
da Lentini", e' tradizione che abbiano abitato S.Alberto e S.Angelo.
La chiesa dell'Annunziata, annessa al convento, fu tenuta in grande
considerazione dai sovrani dell'isola, in particolare dalla regina Maria
d'Aragona che la insignirono di donativi e privilegi. Dopo il terremoto
del 1693, il convento, un tempo fuori le mura della città, viene
ricostruito nei pressi dell'attuale chiesa del Carmine, nell'area oggi
occupata dalla Camera del lavoro, dagli uffici INPS e dagli uffici
comunali. Nel 1862, il convento che, tra le istituzioni religiose di
Lentini, possedeva uno dei piu' alti redditi, ospitava 3 monaci professi e
un frate laico. Le rendite del convento erano costituite da censi in
denaro, gabelle ecc. provenienti dal possesso di ampi vigneti. A fronte di
queste ingenti entrate stavano le altrettanti notevoli uscite, connesse
alle attivita' di culto e di beneficenza. In particolare, la
celebrazione della novena di Natale, la festa di Maria
SS.Annunziata, la festa della Madonna del Carmine. Di particolare
interesse, la celebrazione del 900 “divine messe” ogni anno. Sempre
nel 1862 (qualche anno prima della soppressione degli ordini religiosi),
il convento era costituito da 8 camere, un refettorio cucina, un lungo
dormitorio con prospetto nella strada maggiore detta “del Carmine”,
oggi via Conte Alaimo. Annesso al convento era anche un piccolo giardino
detto “la Selva” e un “ripostino” di libri. Con la soppressione
degli ordini religiosi, la chiesa venne chiusa al culto, adibita a
magazzino comunale e l’immagine della Madonna fu trasportata nella
chiesa di San Luca, dove rimase sino al 1927. In quell’anno il canonico
Alfio Sferrazzo ebbe dal comune l’autorizzazione a riaprire la chiesa al
culto e l’immagine della Madonna fu riportata nel luogo originario. Fino
al 1955 dal primo convento era ancora visibile il pozzo che, secondo la
tradizione, fu scavato da S.Alberto e le cui acque erano ritenute
miracolose. Sino agli anni 60 era possibile vedere anche il cancello (via
Bosco Cappuccio) che immetteva nella annessa selva, sormontato da una
scultura in pietra bianca raffigurante l’Annunciazione con Maria e
l’Arcangelo Gabriele. Nello stesso periodo, fu distrutto il vano
centrale della chiesa con relativa gradinata d’accesso già
trasformato precedentemente in “gebbia” (vasca per la raccolta
dell’acqua).
- Fra
gli inni dedicati alla Madonna del Castello, si ricorda in particolare il
seguente:
- Marunnuzza
d’u casteddu / nostra granni cumpatruna / stu ritrattu e’ assai chiu
beddu / di lu suli e di luna. / Santa Matri, a Diu chiamati / sti
figghiuzzi traviati. / Pi Listini l’ha pittatu / santu luca gluriusu / e
lu celu a nui l’ha datu / c’un purtentu stripitusu / L’avi nostri,
infirvurati / quannu l’ebberu in putiri / semu, dissiru biati / nun
putemu chiu piriri. / Vi prigaru cu lu cori / vi spingeru nu riccu artaru
/ e la morti li tisori / comi eredi vi lassaru. / Gran Signura, assai
diversi / semu nui di l’antinati / cu cirtizza semu persi / siddu vui
nn’abbannunati. / Diu cun nui e’ nichiatu / e nni tratta cu riguri /
picchi avemu abbannunatu / fidi, speranza e santu amuri. / Troppu fumu
c’e’ n’ li testi / li bestemmi sunu assai / la duminica e li festi /
si travagghia chiu chi mai. / Pochi fannu lu precettu / menu ancora
l’astinenza / nni la Cresia nun c’e’ rispettu / di diu stissu alla
presenza. / Rivulgiti a nui mischini / l’occhi, o Matri onnipotenti /
ricopriti vui listini / cu lu mantu rilucenti. / Aiutatini, ni la vita /
aiutatini a la morti / dati all’arma gia’ contrita / di lu Celu la
gran sorti.
- ***** ***** *****
***** ***** ***** *****
- Notizie tratte da "i luoghi
della memoria" di Cirino Gula e Franco Valenti - Ediprint - SR
- All Right Reserved - Diritti riservati