Lo spazio sociale quotidiano
Le scuole
Cosa deve comunicare, a chi lo usa, l'edificio che ospita una scuola?
Nelle scuole i ragazzi fino ai 18/19 anni passano molte ore della loro vita. Non sono solo i luoghi dove si impara, ma sono i luoghi dove avvengono i primi rapporti sociali.
Un edificio architettonicamente confuso, spazialmente scoordinato, matericamente incoerente difficilmente potrà trasmettere sensazioni di chiarezza, coordinazione e coerenza. Gli edifici scolastici un tempo avevano una sola funzione: contenere i ragazzi per trasmettere loro contenuti culturali e basta:
lunghi corridoi e aule dall'una e dall'altra parte. Qualche altro spazio si pensava per la sala docenti e per il personale di segreteria. Anche i tempi di fruizione di questi spazi erano abbastanza rigidi. Non si andava quasi mai oltre le cinque ore di lezione.
Oggi la scuola è completamente mutata. L'ingresso dei nuovi linguaggi ha imposto la ricerca di nuovi spazi per le attività integrative: dalla palestra ai laboratori (musicali, teatrali, multimediali, tecnici etc.). Anche il tempo scuola si è esteso sempre di più e le esigenze di luoghi più funzionali ed accoglienti si è fatta più forte.
La flessibilità e la polifunzionalità degli spazi è una necessità imposta dalle profonde trasformazioni della scuola: servono spazi articolati per nicchie e angoli utilizzabili per attività singole e di gruppo. Ma servono anche spazi adeguati per la comunicazione, auditorium e sale per gli incontri di classe e di più classi.
Gli ambienti influiscono nella comunicazione. Ma fin ad oggi tutto questo nel nostro territorio sembra essere totalmente ignorato. L'ultima grande costruzione scolastica, il polivalente, non risponde completamente a queste esigenze e ha, tuttora, un auditorium inutilizzabile a causa di un'acustica assolutamente inadeguata. Gli edifici scolastici come luoghi di incontro e di comunicazione non riescono a fare comunicare i giovani perché non sono stati pensati per questo e non si riesce ad adattarli per questo compito.
Se, invece, ci guardiamo intorno assistiamo al proliferare sul territorio di centri commerciali frequentati non solo per la loro funzione principale, ma scelti per incontrare le persone, comunicare, passeggiare, giocare, intrattenersi. E le scuole, le piazze, i giardini, le città si svuotano progressivamente di frequentatori e di significato.
Le scuole devono allora somigliare ai centri commerciali? No di certo, ma devono rivolgersi a chi le fruisce con la stessa chiarezza. Dovrebbero essere pensate tenendo conto del tempo che vi passano i giovani, delle esigenze della didattica, dei bisogni di comunicazione e di socializzazione che sono nell'era della globalizzazione e dei computer molto forti.
C'è infine il problema della manutenzione delle scuole quasi sempre inadeguata. E così le scuole sono spesso brutte e sporche e non rispondenti ai bisogni di chi li utilizza, alunni e insegnanti. Bisogna fare uno sforzo per rendere gli spazi scolastici meno anonimi ed indifferenziati e più accoglienti e personalizzati. Si deve superare quel limite culturale che ci fa percepire le cose che appartengono a tutti come cose che non appartengono a nessuno. Le cose di tutti e gli spazi comuni devono essere visti e rispettati come le cose e gli spazi privati. Questo atteggiamento nei confronti della gestione della fisicità della scuola deve diventare un valore ed essere trasmesso ai giovani fruitori, cittadini di domani a tutta la città. Si realizzerà così un'autentica operazione culturale partendo dalla scuola, il luogo necessariamente deputato alla conservazione e rivitalizzazione della cultura e dell'identità di un popolo.
Biagio Zarbano
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