Lo spazio economico

Lentini e Carlentini

Insieme facciamo più di cinquantamila abitanti, ma nessuno sa quanti sono i lentinesi e quanti i carlentinesi. Perché un intero quartiere, Santuzzi, grande quanto un paese di media grandezza, è abitato al novanta per cento la lentinesi che si sentono tali e vivono come tali salvo a dover trafficare col comune di Carlentini per tante questioni che li riguardano, e magari di questo novanta per cento di abitanti reali un venti o trenta per cento ha residenza fittizia a Lentini, con tutto quello che ciò comporta. Come patrona si sono scelta una santa, Tecla, che appartiene al mito dei Santi lentinesi.

In realtà siamo una città sola, divisa da una strada e sparsa bizzarramente su un territorio comune, che va da Cannellazza a Balate di Zacco fino a San Lio, con Lentini circondata nelle sue alture e la Carlentini storica lontana e quasi isolata. Con la stessa economia, gli stessi bisogni, la stessa cultura, le stesse prospettive. I giovani vanno a scuola assieme, assieme passeggiano, assieme frequentano i pochi ritrovi che ci sono. Assieme piangono le morti strazianti di qualcuno di loro. E parlano la stessa lingua, perchè é sempre meno avvertibile la lieve differenza dialettale che distingueva lentinesi da carlentinesi. Affollano assieme le feste comandate. Dell'uno e dell'altro paese.

Pure facciamo due carnevali, due estati culturali(?), e due politiche su mille altre cose: i trasporti, l'acqua, i rifiuti, la regolamentazione urbanistica, le scuole, i giovani, gli impianti sportivi, gli insediamenti produttivi e quant'alto. Anzi può capitare che le ridotte dimensioni dei due comuni mortifichino l'inventiva o le capacità stesse di finanziamento, che si creino doppioni che si annullano a vicenda, e che gli sprechi si ingigantiscano. Con disagio per la gente. Un solo esempio: con una politica comune dell'acqua il problema di Sopra Fiera, a detta degli esperti, sarebbe definitivamente risolto, facendola arrivare dall'altro, da Carlentini appunto.

Ma gli esempi potrebbero moltiplicarsi. A cosa potrebbe servire l'area degli insediamenti produttivi di Lentini se non agli insediamenti della comunità intera? Sono pensabili politiche parallele dei trasporti, o dei servizi? O dello smaltimento dei rifiuti? E l'area dell'Asi, con tutto quello che può significare, può essere pensata come esclusività lentinese? Lo stesso dicasi per il Biviere e per le sue possibili utilizzazioni ai fini turistico-ricreativi. E per gli impianti sportivi. La piscina di Lentini non ha senso che sia solo di Lentini, e uno stadio di calcio come si deve avrebbe un senso solo se supportato da una comunità adeguata. A Carlentini, d'altro canto, appartengono le zone a mare e la parte più consistente del patrimonio archeologico. Può Carlentini fare, da sola, una politica per gli insediamenti a mare (e il tratto dal San Leonardo al Gabbiano azzurro è forse la più bella spiaggia del Siracusano) e per il patrimonio archeologico? Il Parco archeologico, oggi solo nella mente dei sognatori, non è già, di fatto, un passo avanti concettuale contro la bizzarria della storia che vede diviso quello che in realtà è una cosa sola?

Nei fatti peraltro la Comunità già esiste. Qualsiasi operatore commerciale, se vuole investire nella zona, pensa oggi nei termini della comunità di cinquantamila e passa abitanti, e se ha qualche ambizione in più di norma ci include anche Francofonte e Scordia. La sanità é già unificata, come l'Amministrazione finanziaria o quella della giustizia. E lo stesso dicasi per la scuola, sol che si esca dalle competenze comunali. Rimane solo, a tenerci in questo stolto anacronismo, il residuo ormai inaccettabile di un campanilismo di risulta che sa tanto, per non dire altro, di burocratismo del cervello.

Una comunità non si sviluppa, o non rinasce, se non ha una classe dirigente moderna, adeguata ai suoi bisogni e in grado di dare risposte all'altezza dei tempi. I tempi di oggi non sono tempi di frantumazione, ma di globalizzazione, come usa dire, e a tutti i livelli, anche minimi. E la globalizzazione è innanzi tutto risparmio di risorse e ottimizzazione di risultati. Gli strumenti ci sono, buoni anche a salvaguardare i comprensibili attaccamenti a malintese radici o identità. Basta solo, intanto, che il problema venga percepito, che si scelga di risolverlo, e si creino gli strumenti operativi per politiche comuni e coordinate. Nulla impedisce, nell'attesa che si realizzi il sogno di una città sola con un nome solo,, che due comuni si consorzino per avviare scelte operative a logica concordata, che si creino gruppi di lavoro comuni, che si affidi ad esperti comuni il compito di studiare quale può essere, nell'attuale quadro normativo, il percorso più utile per utilizzare al meglio le risorse e dare alle popolazioni il massimo dei vantaggi con il minimo dei fastidi.

A ben riflettere, che altro dovrebbero fare una pubblica amministrazione, e una classe dirigente, attente al bene pubblico?

Alfio Siracusano

 

brano tratto dal progetto "Lentini Studia" promosso dalla "Fondazione Pisano"
per gentile concessione del suo Presidente Prof.Armando Rossitto

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