Gli spazi naturali

Agnone e le coste cementificate

Quando sia iniziata per i lentinesi la consuetudine di andare al mare è difficile dirlo (ovvero, se interrogata, ce lo potrebbe dire la memoria di tanti concittadini). In generale questa consuetudine prende l'avvio tra la fine del secolo diciannovesimo e l'inizio del secolo ventesimo, alcune spiagge italiane diventano alla moda come stazioni climatiche, poi balnerari. Il difficile è mettersi in costume e si sperimentano molti modi differenti per conciliare pudore e praticità: un dilemma che continuamente si presenta nella storia della moda. In certi casi si trova una soluzione con la costruzione, anche nella vicina Catania, di stabilimenti balneari dalla struttura complessa (e talvolta anche dalle belle architetture liberty), generalmente in legno, strutturati in modo da consentire l'accesso al mare dalla cabina concepita come una palafitta. La riservatezza è così assicurata, la famiglia può ritrovarsi al riparo da sguardi estranei, immersa in una piscina sottostante contornata da uno steccato di legno.

Ma Catania è vicina oggi, cento anni fa era lontana, e anche Agnone lo era, per di più servita da una pessima strada percorsa da trasporti su dorso e su ruota provenienti dal malsano "caricatore". Un approdo per le merci usato fin dai tempi più antichi e non del tutto soppiantato dalla presenza della linea ferroviaria. La scena si ripeteva immutabile: i velieri da piccolo cabotaggio alla fonda vicino alla riva, gli scaricatori, i vastasi, addetti al trasporto a terra, immersi nell'acqua sotto il peso delle mercanzie. I collegamenti tra le località costiere si svolgevano via mare (dai tempi antichi e pirateria permettendo), si superavano così le difficoltà di cammini impervi, di paludi a rischio di malaria. E ad Agnone c'era l'uno e l'altro, l'impervio dirupo della costa alta e rocciosa che chiudeva verso Sud e l'acquitrino malarico della Marina che chiudeva verso Nord, ovvero i Pantani di Lentini e di Celsari che insieme al Biviere, posto all'interno, formavano un sistema di paludi veramente notevole. L'angolo più recondito del Golfo di Catania, l'Agnone, appunto, costituiva un incerto rifugio a terra e in mare per persone e imbarcazioni.

Le cose cominciarono a cambiare entro il primo decennio del secolo: la ferrovia che non aveva soppiantato il trasporto marittimo fece però arrivare le persone, i primi curiosi o appassionati di spiaggia chiesero (tramite il barone Beneventano) all'amministrazione ferroviaria di effettuare una fermata nelle vicinanze; sorsero i capanni, vicino a quelli dei pescatori e degli scaricatori, nacque la villeggiatura al mare anche per alcuni pochi lentinesi e carlentinesi. La zona cominciò ad essere frequentata anche per altri motivi: dai soldati di guardia nel corso della prima guerra mondiale, dai bonificatori e dai contadini nel dopoguerra. Gli anni venti videro l'avvio dei progetti di bonifica nella nostra zona, i Pantani, diversamemte dal Biviere furono subito prosciugati e destinati a scopi agricoli. Questa attività richiamò una quantità enorme di persone in spazi fin'allora selvaggi e deserti. Alla Marina si poteva incontrare il lupo. Dopo non fu così, eserciti di braccianti lavorarono in lunghissime file per circa un decennio a zappare, spalare, costruire dighe, e poi a còltivare ortaggi, piantare agrumeti e vigne: Si animò anche il vicino feudo Murgo: fin dal 1920 fu preso in affitto dalle cooperative rosse lentinesi e carlentinesi: occupazioni di terre, contese con la forza pubblica, quotizzazioni, tutto ora era in movimento rispetto alla quiete di pochi anni prima. La conquista della costa, dunque avvenne sotto diverse spinte, lentamente, e poi con improvvise accelerazioni. Il prosciugamento della palude la sistemazione dei fiumi, la coltivazione intensiva mutavano gli equilibri ambientali, lo scambio tra il fiume che costruisce la spiaggia e il mare che la demolisce continuamente subì allora una prima alterazione.

Si avviarono anche i lavori per la costruzione della strade di collegamento con il mare (quella che da Lentini porta ad Agnone e quella che portava al fiume S. Leonardo e poi a Vaccarizzo); i protagonisti della nuova viabilità locale furono i consorzi stradali, emanazione del movimento cooperativistico che riuscì ad attraversare il fascismo. Grazie ai migliori collegamenti la spiaggia di Agnone cominciò ad assumere in estate quell'aspetto che alcune vecchie foto ci tramandano: una lunga fila di baracche parallela al mare, e davanti una passerella di legno. Fu così fino alla fine degli anni Cinquanta, quan do venne invece costruita una strada, questa volta dietro le baracche (e lungo la strada fu posta la tubatura per l'acqua). Queste infrastrutture, chiamiamole così, tracciarono una linea permanente sulla spiaggia che rese più visibile la demolizione compiuta dal mare. Si abbandonò in quell'epoca anche l'abitudine di smontare, alla fine della stagione, le baracche costruite su concessione della Capitaneria di Porto. La presenza dei villeggianti ebbe, però, accanto agli indubbi effetti inquinanti, anche un effetto positivo, di controllo sul territorio, quando, alla metà degli anni Cinquanta, con le migliorate condizioni economiche, prese l'avvio il boom edilizio. Catania fu capofila in questa incontrollata febbre della costruzione e della speculazione; sull'altro versante si procedeva alacremente alla costruzione del mastodontico polo industriale siracusano. La (ormai) vicina Agnone divenne uno dei luoghi di rifornimento della sabbia, necessaria per la preparazione del cemento, ricomparvero motovelieri adibiti ai trasporti. I danni alla intera linea sabbiosa del golfo furono notevoli, ma l'allarme e le denunce vennero proprio dai villeggianti, l'unica presenza importante in un vasto tratto di costa. Una petizione del 2 marzo 1954 rivolta all'onorevole Terranova, deputato Dc siracusano e Sottosegretario al Ministero della Marina mercantile, è eloquente testimonianza dell'incuria con cui le autorità soggiacevano alle esigenze dei costruttori in danno all'ambiente. (E' contenuta tra le Carte Francesco Marino e si ringrazia la famiglia Tropeano Marino per averne gentilmente consentito la consultazione).

La grande colata di cemento raggiunse la costa subito dopo. Ad Agnone si cominciò a costruire oltre la strada, dapprima con un criterio stabilito di lotti a triangoli, alternativamente con la base e col vertice rivolti al mare, in modo da assicurare alla prima e alla seconda fila di case una buona visuale. Ma questo progetto fu travolto e ignorato, era dimensionato sulla previsione di una domanda molto limitata, nonchè sullo scarso uso di automobili. Il futuro, in quei tumultuosi anni Sessanta, venne subito. Da allora si costruì, si azzerò il boschetto, si aprì una corsa alla conquista del metro quadrato da occupare; comparvero i primi sequestri penali effettuati dai "pretori d'assalto", nel vano tentativo di porre rimedio. La difficoltà di procedere a uno sviluppo ordinato era data anche dalla appartenenza di Agnone al territorio del Comune di Augusta, mentre i suoi fruitori e possessori di case e baracche erano e sono principalmente lentinesi e carlentinesi. Ciò ha sempre comportato una difficoltà di comunicazione tra la popolazione residente e le autorità.

Una simile accelerazione della speculazione era dovuta alla presenza della strada litoranea che venne a collegare in modo più diretto Catania con il polo industriale siracusano. Suscitò speranze; in quella petizione del 1954 si legge: "Si fa tanto per incrementare lo sviluppo turistico, e poi si distrugge con tanta leggerezza la migliore spiaggia della Sicilia, dove fra qualche anno, col vicino passaggio della Litoranea, potrebbero affluire migliaia di forestieri". La nuova strada era il simbolo vero della modernità, larga e veloce, con l'aiuto di una cultura ambientalistica pari allo zero travolse tutto quello che avebbe potuto avere un valore per il turismo, paesaggio, cultura, archeologia, verde, tranquillità. A Nord di Agnone si estese una scomposta serie di costruzioni che osservata dall'alto del Murrazzo dava l'impressione di un una città.

C'era una volta una vecchia trazzera che saliva tortuosa sul costone del Murrazzo, costeggiava la casa dei finanzieri, attraversava la ferrovia (quanti passagi a livello incustoditi per raggiungere il mare!) e si inerpicava per campi di grano, muretti a secco e siepi di more e fichidindia. Costeggiava calette e insenature nascoste dai nomi suggestivi: Cannatello, Castelluccio, Sciammaca, e altri ancora, che vennero trasformati in Baia del riccio, Costa saracena, Baia del gambero e del silenzio e altre sconcezze degne di quella barbarica colata di cemento che in pochi anni coprì tutto e rese ogni cosa irriconoscibile.

Rosario Mangiameli (Universita' di Catania)

 
brano tratto dal progetto "Lentini Studia" promosso dalla "Fondazione Pisano"
per gentile concessione del suo Presidente Prof.Armando Rossitto

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