Lentini  Oggi:  Scrittori
 
Francesco Zarbano
 
Note Biografiche
 
Nato a Lentini nel 1916. Laureato in Scienze Politiche, e' autore di numerose opere di narrativa, di teatro, di poesia e di soggetti per riviste e films. Ha vinto inoltre il Premio Letterario "Club degli Autori 1968" per la saggistica. Lentinese doc, vive ormai da molti anni a Lecce  e’ sicuramente da considerare oggi uno degli scrittori di cose di Sicilia e in particolare di Lentini, piu’ validi e piu’ fedelmente ancorati alla rappresentazione di valori eterni che la nostra terra porta da sempre con se.
 
 
Francesco Zarbano e la “lentinità” mai dimenticata   
a cura di Renato Marino (La Notizia 1998)
Da articoli tratti da "La Notizia" per gentile concessione del suo direttore Nello La Fata
 
“DON GIOVANNI VENTURA” : UNA STORIA VERISIMILE AMBIENTATA NELLA NOSTRA LENTINI
 
La nostra Lentini, piu’ volte e saggiamente, viene ricordata culturalmente per quello che fu, e per i grandi uomini di un tempo ; illustri predecessori che sono rimasti pietre miliari nella storia della cultura isolana, nazionale e persino internazionale. Spesso, quindi, in riferimento al nostro illustre passato, i fermenti artistici e culturali, che via via, si sono susseguiti e si susseguono nella città’ di Jacopo e di Gorgia, sono stati e sono ancora quantomeno trascurati. Proprio per questo motivo, e per rendere giustizia ad uomini di grande spessore artistico e culturale, che Lentini piu’ volte dimentica, vogliamo iniziare un percorso nel mondo dell’arte e della cultura, che possa, almeno in parte, far intuire che in realta’, pur vivendo in un contesto storico, definito secondo alcuni critici “artisticamente sterile”, ci sono uomini che attraverso un loro personale percorso intellettuale, artistico e letterario si stanno imponendo, ognuno nel proprio ambito, alla ribalta nazionale. E’ questo il caso di Francesco Zarbano, lentinese doc, che vive ormai da molti anni a Lecce , e che pian piano, in sordina, senza disturbare troppo la cosiddetta ”cultura ufficiale”, e’ sicuramente da considerare oggi uno degli scrittori di cose di Sicilia e in particolare di Lentini, piu’ validi e piu’ fedelmente ancorati alla rappresentazione di valori eterni che la nostra terra porta da sempre con se. Dopo “Isolato 38”, “Mastro Martino”, “Manifesti vietati”, “Il Professore X”, “Racconti paesani”, “Michele coiffeur pour dames” e “Nasca il pescatore di Trezza”, arriva l’ultimo lavoro di Francesco Zarbano :Il “Don Giovanni Ventura”, edito da “l’autore libri Firenze”, nel quale l’autore riprende, nelle sue peculiarita’, il modus vivendi di una Lentini rivisitata nel suo passato. Al centro della narrazione la famiglia di “Don Giovanni Ventura”, e un gruppo di amici, riuniti in un giorno particolare dell’anno, quello della “Santa vigilia” di Natale. Il racconto scorre in maniera apparentemente semplice, in un mosaico narrativo che pone l’attenzione iniziale sulla famiglia di Don Giovanni : da una parte Lucietta, la moglie sempre pronta a far pesare sul marito il suo carattere forte e per niente remissivo ; dall’altra il piccolo figlio Turiddu, sempre pronto al gioco, che mal sopporta gli ordini e i consigli del padre :”Turiddu, vieni qua ! E a chi parlava ? Al muro ? ... Turiddu manco gli dava la confidenza di voltarsi : veniva la voglia a Don Giovanni di prenderlo a pedate quel suo figlio la’ che a scuola ci andava come si va dal dentista...” Il “povero Don Giovanni si trova tra l’incudine, la moglie Lucietta , e il martello, donna Bastiana, l’anziana madre, proprietaria di ogni possedimento della famiglia , la quale si permette di dire e di fare ogni cosa sul figlio Giovanni : “La sua barca aveva sempre navigato in un mare d’olio, governata da sua madre, donna Bastiana che lo trattava ancora come un bambino, anche di fronte a donna Lucietta e a Turiddu. Egli aveva sempre ubbidito alla madre che gli avrebbe fatto l’atto di quella casa e di quella mezza salma di giardino su cui viveva tutta la famiglia, o meglio aveva finora vissuto, che la manodopera costava sempre di piu’ come il “chimico”, le “affumicazioni, i lavaggi”, la “rimunna”, che costavano un occhio ; e poi, quando veniva qualche annata come quella di due anni fa, manco ti restano gli occhi per piangere”. E’ proprio da questa analisi della realta’ di una famiglia lentinese che il nostro Zarbano pone le condizioni di una narrazione attenta e nello stesso tempo fluida. La serata della vigilia passa lenta nel focolaio domestico di casa Zarbano tra amici, vicini di casa e parenti, e il tutto viene condito da una bella “briscola” e dalle leccornie tipiche della cena di Natale. I personaggi vengono descritti in maniera minuziosa, ed arricchiscono il contesto narrativo con una minuziosita’ dei particolari che, per lunghi tratti , portano il lettore a “vivere” i momenti narrativi della storia : “ In casa di don Giovanni, nella camera contigua alla camera da letto da un lato e da un altro al corridoio d’ingresso, intorno alla tavola allungata con due traverse di riserva c’erano : Turiddu ; il cognato di don Giovanni, don Ciccino “svampa” con la moglie Sara, capelli folti, ricci, rossicci, il viso lentiginoso ma aggraziato, le proprie esuberanze pudicamente contenute entro un castigato abito di lana, con i figlioletti Cirino, di sette anni, scalatore di credenze, rompitutto e mai senza bernoccoli ; Giancarlo, cinque anni ; lo stampo preciso della madre e per il resto tale e quale il fratello maggiore e Andrea : tre anni ben nutrito, pacioccone pacioccone, il migliore indicato dai genitori quando rimproveravano quelli scavezzacolli di Cirino e Giancarlo”. Lo scherzo e la goliardia diventano nella narrazione del Zarbano, elementi di fondamentale coinvolgimento, anche se il tutto e’ intriso di elementi di grande riflessione morale e sociale di una comunita’, Lentini di qualche tempo fa.
 
Scrittori di casa nostra/ La lentinità di Francesco Zarbano nel suo ultimo lavoro
L’INNESTO    a cura di Renato Marino    (La Notizia 1998)
E’ “ L’Innesto” l’ultimo lavoro con il quale Francesco Zarbano si  ripresenta ai propri lettori.
L’Innesto e’ sicuramente uno dei lavori piu’ realmente legati alle cose della nostra terra. L’ambientazione è nella  nostra Lentini, nel cuore di una Sicilia piena di affetti e tradizioni, legati indissolubilmente ai valori tradizionali della famiglia. Protagonisti del romanzo non sono solo i personaggi , ma i luoghi,  i dialoghi di una realtà che soffre sicuramente di una condizione economica povera, legata alle poche “risorse della terra”, ma non  priva di dignità e di grandi sacrifici.
Il romanzo e’ tutto lì, in quel raccontare in maniera concreta e con occhio attento ai particolari, la storia di una famiglia, quella di Don Alfio, detto” u sceriffu”, sopran-nome popolare at-tribuitogli ” per quel suo stare sempre in sospetto e per il pallino ereditario : il fucile... da caccia cui spesso faceva ricorso ver-bale  contro  gli attentatori alla roba e all’onore”. Con lui, Rusidda “ la moglie, di pochi anni piu’ giovane  di lui ; Peppino, di venti-cinque  anni, ra-gioniere, impiegato in una industria in quel di Brindisi e Franca, di ventidue anni, al secondo anno di Filofofia”.
Nella figura di Don Alfio, l’autore evi-denzia il ruolo del vero pater familias lentinese, siciliano ; il ruolo dell’uomo forte sicuro di se’, convinto  di essere sempre nella ragione, ma al quale spesso ed inevitabilmente viene nascosta la verità dalle donne della famiglia, che poi sono coloro che effettivamente  de-cidono le cose da fare :”Suono’il telefono. Franca corse a prendere il ricevitore.Fulmine ! Escalmo’Don  Alfio. Tu  non sai  niente, donna Rusidda o ci fai il cummogghiu a tua figlia ?”
Don Alfio, infatti, e’ l’uomo tutto di un pezzo, abituato al ruolo tradizionale della donna e “questo della donna emancipata era per Don Alfio un altro  innesto  sbagliato. Nessuno gli poteva togliere dalla testa che la donna, per la sua stessa  natura, e’ fatta per i figli e per la casa : che cosa andavano, dunque, a cercare le donne di oggi in minigonna o in pantaloni ? Mostrare le cosce e il di dietro per farsi schifare dagli uomini”.
Il narrare del nostro Zarbano e’ anche quello pieno di riferimenti nostri, lentinesi, della descrizione minuziosa e piena di ricordi di quei luoghi della nostra città, di quel modo di vivere che rendono la storia sicuramente originale e verisimile ; ma che, allo stesso tempo, accompagano il lettore in un percorso anedottico e affascianante tutto da scoprire , come la classica passeggiata che la famiglia effettuava per la festa del patrono, S.Alfio :” Così   Don Alfio sceriffo e famiglia andarono a fare la tradizionale  pas-seggiata  lungo la strada che  da    Santa Maravecchia  (una piazzetta con alberi e sedili) discende per la piazza ( il chianu), l’Upim, la villa Gorgia, la   rotonda  col Carmes...”.
Non mancano nella descrizione e nella narrazione i principali sapori anche della nostra  tradizione culinaria, che sono inseriti nel contesto della narrazione in maniera semplice e mai forzata, ma che rendono ancora piu’ vive alcune  pagine del romanzo : “Quella mattina, donna  Rusidda e Franca ave-vano  un  bel daffare,  non  per preparare, come in estate, le bottiglie di salsa per l’inverno col metterle a bagnomaria nel grande calderone di rame poggiato su due grosse pietre tra cui arde la legna ; né per  conservare in bottiglie o barattolini i peperoni arrostiti sulla brace e subito, pelati  caldi, scottandosi  le mani, ma per fare il pane e con l’occasione, come di  consueto, il pizzolu, la facci  di  vecchia, il  cudduruni. Alla preparazione di queste specialità  paesane, occorre appunto   la pasta delle vastedde...” .
Nel romanzo è evidente il piacere della nar-razione che per l’autore diventa  quasi   un confessarsi ad alta voce, un ricercare e mettere a nudo   in maniera  semplice le tradizioni inviolabili della nostra terra.
La  lentinità del  nostro  Francesco Zarbano e’ piena di  una carica emotiva a cui difficilmente si puo’ restare indifferenti.  (R.M.)
 
Le Opere
 "Poesia", “Isolato 38”, “Mastro Martino”, “Manifesti vietati”, “Il Professore X” (1992), “Racconti paesani”(1992), “Michele coiffeur pour dames” e “Nasca il pescatore di Trezza” (1995), “Don Giovanni Ventura” (1996), "L'innesto" (1997), "Potreste incontrarli" (1998), "Una brutta storia" (1999), editi da “L’Autore Libri Firenze”
 
                               
 
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