- Turi Vasile
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- Scheda a cura di LentiniOnLine
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- Turi Vasile (Messina, 1922): ottiene
la cittadinanza onoraria dal Comune di Lentini nel Settembre 2002. Il
padre era nato a Lentini, "patria - scrive lo stesso Vasile - di
celebrati tarocchi".
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- Figura storica del cinema italiano –
sceneggiatore di Antonioni e Zampa, regista di Totò, produttore tra i più
autorevoli ("Roma" di Fellini, tra i tanti) – è anche
commediografo. Il suo nome è legato alla storia del cinema italiano per
la collaborazione a famosi film, tra i quali “Processo alla città”
(di Luigi Zampa, con A. Nazzari, S. Pampanini e P. Stoppa), “Sedotta e
abbandonata” (di P. Germi, con S. Sandrelli e S. Urzì), “Gli
indifferenti” (di F. Maselli, con C. Cardinale), “Operazione San
Gennaro” (di D. Risi, con Totò e N. Manfredi). La poliedrica personalità
e il fascino del narratore lo avvicina inevitabilmente al mondo dello
spettacolo, dei mass media e al teatro, una sua grande passione, per cui
ha scritto, tra l’altro, “L’arsura”, “La procura”, “Una
famiglia patriarcale” e “La confusione”. Negli ultimi anni si è
dedicato con successo alla narrativa e alla memorialistica, pubblicando
con l’editore Sellerio Paura del vento e altri racconti, Un villano a
Cinecittà (1993) per il quale ha vinto il premio Diego Fabbri, sezione
cinema, L’ultima sigaretta e altri racconti (XIV Premio Nazionale per il
Tascabile, 1997), Male non fare (1997).
È stato presidente dell'INDA (Istituto Nazionale
del Dramma Antico), nonché critico letterario e collaboratore del Giornale.
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- TURI VASILE - L' ASINO A CINQUE GAMBE
- "L'asino d'acciaio ritto sulle lunghe
gambe nel palco di Zafferana Etnea e il ricordo di Turiddu Bellia, ora
scomparso, rinnovano quel lontano mistero irrisolto dei tempi
dell'infanzia. Il mistero di "quella cosa in più" Turiddu
Bellia se lo è portato via con sé nel paese imperscrutabile,
tenendo per mano la briglia dell'asino "cinquegambe " dal
cui basto pendono inerti due canestri vuoti". Nello scorso
settembre mi trovavo a Zafferana Etnea per la cerimonia della consegna del
"Polifemo d'argento". Il Sindaco Alfio Leonardi, personaggio
dotato di affascinante comunicativa e di vivace intelligenza, mi condusse
al mattino nella piazza dove stavano allestendo la scena per la grande
manifestazione serale e mi chiese un consiglio: «Era secondo me opportuno
installare sul palco un asino?" E me lo mostrò. Era una scultura in
acciaio, di grandezza naturale; ma un particolare attirò la mia
attenzione. L'animale aveva gambe di una lunghezza superiore a quella che
gli attribuivano i ricordi della mia infanzia trascorsa con dimestichezza
tra gli asini. Di essi ammiravo la mansuetudine mista a testardaggine, la
monotonia del riflessi e la vivacità della fantasia, l'ottusità e
l'intelligenza - tutte le contraddizioni che rendono meravigliose le
creature di questo mondo. Avevo conosciuto asini minuscoli e asini grandi
e maestosi; mai avevo incontrato una bestia con quella suggestiva (almeno
a me così pareva) sproporzione; il corpo di un asino sulle gambe di un
cavallo. Dico "a me pareva" perché l'artista creatore Nino
Ucchino non è d'accordo; eppure io ritengo che quell'elemento
trasfiguratone doni grazia alla pregevole opera e suggerisca una
glorificazione della bestia. Della mia vita con gli asini, un ricordo è
affiorato alla mente. Coinvolge un cugino carnale, come si diceva, perché
figlio della sorella di mia madre, Turiddu Bellia. Avevamo gli stessi
anni, lo stesso colore d'occhi e di capelli, lo stesso nome di battesimo
e, almeno nel periodo dell'infanzia, lo stesso peso. Lo dico perchè una
volta infilarono me in uno dei canestri in bilico sul basto dell'asino,
lui nell'altro e l'equilibrio risultò perfetto. Andammo così alla chiusa
di Ballasciocchi, un podere recintato ai margini del paese, con casa
rustica, peri, mandorli, fichi, un gelso, pergolati d'uva, e pale di
fichidindia. Tutto vi era nero e verde: neri i muretti e le rocce, la
terra e il pietrisco - traboccati dal cratere della Montagna; verde la
vegetazione. L'asino faceva fatica a non scivolare sul basolato della
vanedda lucido per l'attrito, sebbene lo sorreggesse mio zio stringendo
forte in pugno la cavezza. Noi avevamo paura e le nostre risate convulse
esprimevano eccitazione e divertimento insieme. Donne si affacciavano
sulle porte e segnavano a dito le nostre testoline bionde sporgenti dalle
ceste, mentre i bambini negli occhi estatici tradivano l'invidia. Ci
seguivano in piccolo corteo Micheli 'u babbu, lo scemo del paese,
uggiolando festoso, e la Bafacchia con la capra che le trotterellava al
fianco dondolando le turgide mammelle come batacchi di campana. Mai
viaggio fu nella mia vita più favoloso; e man mano che si attenuava lo
spavento, crescevano in me riconoscenza e tenerezza per mio cugino Turiddu
Bellia, inventore di giochi fantasiosi. Passò un'asinella; ragliò; e la
nostra cavalcatura le rispose. Da quel momento sentimmo lungo la via
risate delle quali non capivamo il motivo e che inquietarono un po'. Anche
zio Miciazzo si voltò perplesso a guardarci, poi rassicuratosi, scrollò
le spalle e tirò dritto. Giunti al piano ci precedette per togliere la
spranga al cancello della chiusa; guidò quindi la bestia allo spiazzo
antistante la casa. Noi ci calammo dai canestri, divertiti delle difficoltà
prima aggrappandoci al basto, poi poggiando i piedi con cautela sul bordo
della bocca della cisterna, saltando infine a terra. Mio cugino gridò:
"Talìa! U sceccu havi cincu jammi! ", che significava in
lingua: "Guarda! L'asino ha cinque gambe!" Era vero. Gli era
infatti spuntata tra le cosce una quinta gamba penzoloni che non gli
avevamo mai vista prima. "Passa via!" - gridò zio Miciazzo e
sferrò all'asino sulla natica una bastonata che lo fece impennare
provocando lo sventolio di quell'arto mostruoso appena nato. A noi lo ziò
riservò due scappellotti che parevano carezze, per allontanarci, senza
scopo apparente, nella vigna. Quando qualche tempo dopo ci spiegarono
l'arcano della quinta gamba, ne ridemmo fino alle lacrime, ma con un vago
sgomento.Quante risate in quelle stagioni di fine estate nel paese dei
nonni detto Belpasso! Bastava che ci guardassimo negli occhi per
sganasciarci intensamente, irritando gli adulti e lasciando noi stessi,
alla fine, come svuotati. Erano, infatti, spesso, risate condite di paura,
perché prestavamo incredula fede ai racconti allora in voga sugli
spiriti, visibili e invisibili, che popolavano il paese; e ancorchè
tentassimo di scacciare il pensiero, avvertivamo costante la loro
presenza. Giuravamo di aver udito rumori di ferraglia e grida di dannati,
come ci aveva riferito Don Ricu il calzolaio; e di aver visto fantasmi
ballare fra le sciare, conforme a quanto testimonia Don Brasi il barbiere.
Mia nonna persino raccontava di aver visto, una notte che era sola,
entrare per la porta chiusa un cavaliere antico con la spada sguainata e
mettersi a sua difesa contro un grifone che però si guardò bene
dall'apparire. "Sangu! " - diceva la nonna pe spiegarci il
prodigio senza che noi capissimo il senso né allora né mai. Molte case
del resto ospitavano, a detta di tutti, ombre di suicidi, larve di
fanciulle morte d'amore e spoglie di sordidi vecchi radicati per sempre ai
beni della terra. L'asino d'acciaio ritto sulle lunghe gambe nel palco di
Zafferana Etnea e il ricordo di Turiddu Bellia, ora scomparso, rinnovano
quel lontano mistero irrisolto dei tempi dell'infanzia. Il mistero di
"quella cosa in più" Turiddu Bellia se lo è portato via con sé
nel paese imperscrutabile, tenendo per mano la briglia dell'asino "cinquegambe
" dal cui basto pendono inerti due canestri vuoti.
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- Sue opere principali
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- Lavori letterari:
- Paura del vento e altri racconti (Sellerio, 1987)
- Un villano a Cinecittà (Sellerio, 1993)
- L'ultima sigaretta (Sellerio, 1996)
- Male non fare (Sellerio, 1997)
- Il ponte sullo stretto (Sellerio, 1999)
- La valigia di fibra (Sellerio, 2002)
- Morgana (Avagliano editore, 2007)
- Silvana (Avagliano editore, 2008)
- L'ombra (Hacca, 2009)
- Lavori teatrali:
- L’arsura”, “La procura”, “Una
famiglia patriarcale” e “La confusione”
- Lavori Cinematografici:
- Gambe d'Oro (anno 1958)
- Le Signore (anno 1960)
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- Premi:
- Premio dell'Istituto del Dramma Italiano (IDI), per Lia, rispondi
- Premio Mediterraneo
- Premio Europeo della Cultura
- Premio Flaiano
- Premio Diego Fabbri, per Un villano a Cinecittà
- Premio Nazionale per il tascabile, per L'ultima sigaretta
- Premio Vittorini, per Male non fare
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01 Settembre 2009 - A 87 anni Morto Turi
Vasile, critico de «il Giornale». Produsse Fellini
Si è spento a Roma a 87 anni Turi
Vasile, produttore cinematografico, regista,
sceneggiatore, critico letterario e per anni
collaboratore del Giornale. Qualche giorno fa è
scomparsa anche la sua «eterna» moglie Silvana.
Intellettuale vivace e impegnato su numerosi fronti,
Vasile è stato produttore di film come Roma di Federico
Fellini, I vinti di Michelangelo Antonioni (per cui ha
fatto anche lo sceneggiatore, Io la conoscevo bene di
Antonio Pietrangeli, Pane e cioccolata di Franco Brusati.
Grande appassionato di cinema, è stato anche regista e
dietro alla macchina da presa ha girato lo spiritoso
film, con Totò Gambe d’oro, commedia che ruota attorno
al mondo del calcio e Le signore con Chelo Alonso, Bice
Valori, Antonella Steni, Enrico Maria Salerno, Paolo
Panelli. Ha collaborato a vario titolo ai film più
diversi, da Processo alla città di Luigi Zampa al
divertente Operazione San Gennaro di Dino Risi, da
Sedotta e abbandonata di Pietro Germi a Gli indifferenti
di Francesco Maselli. Da intellettuale non ha trascurato
il teatro, in cui è stato attivo fin dagli anni
Quaranta, autore di numerose commedie quali L’arsura,
Una famiglia patriarcale, Lia rispondi, Quiz con la
regia di Andrea Camilleri. Ha collaborato anche con la
Rai producendo lo sceneggiato Lo scialo tratto dal
romanzo di vasco Pratolini e la miniserie di Carlo
Lizzani La donna del treno. Sul finire degli anni
Ottanta Vasile ha cominciato a scrivere libri,
soprattutto di narrativa e di ricordi della sua
avventurosa vita nel teatro e nel cinema. Tra i suoi
titoli Paura del vento e altri racconti, Un villano a
Cinecittà, L’ultima sigaretta, La valigia di fibra,
L’ombra uscito due mesi fa. È stato anche presidente
dell’Istituto nazionale del dramma antico. (Fonte:
www.ilgiornale.it)
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- 01 Settembre 2011 - Ricordando Turi Vasile
di Guglielmo Tocco
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- Noi lentinesi abbiamo conosciuto Turi Vasile una
quindicina d’anni fa. Era già anziano ed aveva intrapreso da poco la sua
attività di scrittore.
Grazie ai suoi libri abbiamo compreso tutto il suo amore per la Sicilia
e per Lentini. I suoi racconti, quasi tutti memorialistici parlavano di
Bonvicino, di olive condite, di pane di Lentini, di insalate d’arance. I
ricordi di quand’era fanciullo e trascorreva le estati con gli zii
paterni. E a quei racconti Lentini deve una piccola parte della sua
notorietà in ambienti romani.
Vasile nacque a Messina nel 1922. Era figlio di un lentinese che si era
arruolato nell’allora Regia Marina e era stato inviato a fare il
guardiano di faro a Capo d’Orlando.
Nel 2004, mentre era Presidente dell’Istituto del Dramma Antico di
Siracusa, .il Comune di Lentini gli conferì la cittadinanza onoraria. In
quell’epoca svolgeva anche un’intensa attività di giornalista,
opinionista e critico letterario.
Ma, come dicevo, questa era la fase della sua vita, potremmo dire,
post-lavorativa, questi dovevano essere, diciamo così, i passatempi del
pensionato. E invece egli era ancora un vulcano in piena attività.
Perché dico “ancora”? Perché prima di allora, a partire da quando aveva
circa vent’anni, era stato più che un vulcano. Fu uomo di teatro a tutto
tondo: autore di una ventina di opere, regista, attore, direttore della
rivista “Sipario”, vincitore di diversi premi e concorsi. Mentre viveva
freneticamente questa sua esperienza, in Italia si affermava il grande
cinema. Grandissimi registi come Rossellini, Visconti, De Sica.
Comencini, diedero vita ad una stagione artistica
senza precedenti e rimasta nella storia del cinema mondiale, con il
Neorealismo prima e la Commedia all’italiana dopo. Vasile era troppo
vivace per restarne fuori.
Entrò nel mondo della celluloide, come si diceva allora, giovanissimo e
per oltre trent’anni fu regista, sceneggiatore e, soprattutto,
produttore cinematografico. Come sceneggiatore lavorò a fianco di gente
come Diego Fabbri e Suso Cecchi D’Amico e per registi come Zampa e
Antonioni. Come regista diresse anche Totò. Dei film da lui prodotti ne
ricorderò solo alcuni, giusto per dare un’idea della qualità. “Sedotta e
abbandonata" di Pietro Germi, “Roma” di Federico Fellini, “I vinti” di
Michelangelo Antonioni, “Pane e cioccolata” di Franco Brusati, “Anonimo
veneziano” di Enrico Maria Salerno. A vario titolo, il suo nome è
riportato nelle locandine di circa 160 film. Ci vorrebbe ben altro
spazio per fare un ritratto compiuto di Turi Vasile ma ho voluto
parlarne lo stesso perché il 1° di settembre cade il secondo
anniversario della sua morte.
Mi è sembrato doveroso e mi è piaciuto molto ricordarlo.
E non resisto alla tentazione di citare anche un particolare più intimo
della fase finale della sua vita.
Egli stava già male da alcuni anni. Ma sua moglie, Silvana, stava molto
peggio. Aveva bisogno di assistenza continua, notte e giorno. Turi non
poteva lasciarla sola, resistette fino a che sua moglie non andò a
riposare. Esaurito il suo compito nei confronti della donna amata,
finalmente si lasciò andare. Morì appena tre giorni dopo Silvana, Aveva
87 anni.
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