Lentini
Oggi: Scrittori
Salvatore Caruso
Note Biografiche
- Nato
a Lentini nel mese di ottobre del 1954, dove vive e lavora, esercitando la
professione di Analista Clinico presso il Centro di Analisi Cliniche Medical
di cui è un comproprietario. E' sposato con la signora Lucia ed ha due
figli, Michele e Stefano.
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- Innumerevoli
sono gli stimoli che lo coinvolgono nei vari ambiti della cultura, dove con
un innato impulso di conoscere ed intendere tutto ciò che lo circonda, si
muove discretamente, senza far rumore, esprimendo una spiccata ed attuale
poliedricità di interessi. Da giovanissimo si è dedicato alla poesia
dialettale che poi ha abbandonato definitivamente, per intraprendere
l'articolata stesura di alcuni scritti scientifici, nello stesso tempo, non
si è negato l'immensa gioia di scrivere in versi, allineandosi ad un
modello di poesia che trova una propria definizione nelle motivazioni di
alcuni autorevoli premi letterari che ha ricevuto, e che riportiamo in
sintesi: "il linguaggio letterario
all'occorrenza frammentato da originali tempismi fonetici, l'armonia
estetica e le tematiche legate alle vicissitudini del presente" e
ancora, "una carrellata di pensieri
espressi attraverso il linguaggio della poesia più sofferta e più
insofferente di un siciliano DOC, senza preamboli e senza indugi.-
oppure -
Ci troviamo di fronte ad un teatro culturale fatto di storia e di storie che
si amalgamano insieme, sapientemente" ( …) " è il principio
dell'incontenibile forza della poesia che si realizza con la ricerca di
motivi psicologici, di aspetti sconosciuti e fugaci dell'interiorità
umana" (…) " il racconto poetico che nasce quasi naturalmente da
un suggerimento di sopravvivenza meschina e irriguardosa se si vuole, ma
alla quale l'assistenza dell'arte sublime promuove al giudizio letterario...
"
- Oltre
alle opere di poesia, dello stesso autore, abbiamo alcuni lavori di
narrativa che sono stati ben apprezzati dalla critica e che aspettano di
riscuotere il successo che meritano.
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- Le Opere
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- 1977
– Meccanismi teorici di Biochimica; 1978
– Dispense di Fisiopatologia umana; 1978
– Le vitamine; 1979 –
L'aggressività umana; 1979
– Storie di vita contadina; 1982
– Ecologia: un progetto di vita; 1992
– La sismologia nella storia degli Iblei (saggio storico); 1994
– Anelli di Fumo (R. poesie); 1995
– La stanza degli umori (poesie e opinioni); 1997
– Il nobile falco (novella); 1998
– Simmetria estetica (poesie); 1998
– Le radiazioni ionizzanti nella patologia umana; 1998
– I bracieri di Santa Maria la Cava (poesie); 1999
– 50 poesie scelte (R. poesie); 2000
– Racconti brevi (narrativa) - L'acqua
e l'aria (poesie)
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- Di
prossima pubblicazione:
- Il
chiarore del crepuscolo (romanzo)
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- Gli
Editori:
- NCER
– Milano; Ed. Lbi Trinacria – Palermo; Editrice Fiorentina – Firenze;
Edizioni Universitarie.
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- Simmetria Estetica
- Anch’io m’illuminai d’immenso
/ dell’illustre mattinata
/ ampia, radiosa e scaltra.
// Spiandoti,
/ paroliere di morte,
/ ho rivissuto i fossi
/ e il fango e gli schioppi
/ e il tanfo e la cattiva sorte.
- Io
come un albero
- Scivola l’acqua / che sostiene tanta vita
/ e vibra l’aria / che porta gli uccelli in volo,
/ eppure, una goccia d’acqua / e un filo d’aria,
/ pur se legassero l’istante, / liberi sarebbero d’andare,
/ vagolando per ogni parte. / Io
come un albero / che alle zolle in terra / le radici affonda
/ mai potrò tagliare le mie gambe / e poi camminare,
/ viaggiare per il mondo / o farmi crescere le ali
/ e volando, abbandonare / la mia rugosa terra.
// Pure una pietra / scivolando, fugge
/ e scappa via lontano, / e nelle tasche di un ragazzo
/ può attraversare il mare. / Per la cattiva sorte,
/ io come un albero là, / dove mi ritrovai
/ dovrò finire. //
E meno le mie fronde, / un tempo colorate e vive
/ ed ora, anch’esse chiuse, / prigioniere, appassite
/ sfuggiranno il luogo / che le coprirà per sempre
/ d’una immensità ridotta / all’intimo spazio privo
/ della mia luminosità.
- Il
tempo che emerge
-
Svuotami
dell’orbo desiderio il core / che
d’altra misura ti vorrei lodare / oh triste,
immota gemma sacrale / che del
martire ripercorri il nome / e negli
anni perpetui l’eco feconda.
// Sfioro
d’un lampo disatteso e scaltro / il canuto
vello del petto mio stanco /
e gli occhi
altrove io metto, più in là,
/ fugando
l’immagine tarda e turpe
/ del vecchio
disilluso che m’attende.
/ Oltre i
cancelli del sagrato mi fermo
e
dell’iniqua luce del mattino m’inondo,
/ ove la
bianca e fiacca pietra sgretolata, /
d’inutile,
maestosa austerità s’illumina.
/ Con te
patisco gli anni accumulati,
/ vecchia
cattedrale dei rapiti lauri,
/ con te
d’un floscio drappo mi copro
/ per celarmi
del tempo che emerge.
- Cenere
di Qumran
- C’èra
una croce di legno
/ che
bruciava laggiù, / e pian
piano s’è consumata
/ insieme a
quattro chiodi di ferro
/ che
tenacemente
/ ad essa si
chiudevano. // Ora cadono,
/ e cadono le
insegne e i nomi,
/ le promesse
e le allucinazioni. //
Sotto
l’arso scheletro
/ si sono
sprecati i miseri avanzi, / ed un
mucchietto di cenere
/ è solo
quel che resta
/ del grande
mistero.
- Canto
II°
- Soavemente,
la mano mia poso
/ sul candido petto tuo svigorito / quando un fremito avverto
/ come la prima volta degli acri anni / la curata virtù tua raccolsi.
/ Amor che amor non è,
/ ma ancor di più dei sospirati ardori / che stracolmi d’inutili parole
/ eccedono nell’aree altalenante,
/ ora spinti e poi frenati da troppe, / inoperose passioni sterili.
// Piangimi l’anima / che scoprì il core
/ d’elusive sommosse / entro celati ventri villosi:
/ capienti otri d’infamia. / Ed io che sempre certo fui
/ di ripugnar l’orba dea vagante,
/ sol ora m’accorgo d’esser di lei / un figlio prediletto e caro.
/ Ora che son di te / ancora più incantato
/ e l’opre mia incoraggio, / e al cielo fecondo
l’alzo / che di fresca favella /
oso cantare.
- I
Bracieri
di
Santa Maria La Cava
- Scivola per l'uggia della sera
/ l'ultimo
raggio di un sole timido e fugace
/ mentre, nel
cupo cielo frastornato,
/ scorrazzano
gli scaltri grifi dell'armata. / Voce al
carbonaio e all'ombrellaio attento!
/ Voce ai
bambinelli spensierati! /
Lesta,
s'appresta l'abile sera / della china
stagione scolorita.
// Orsù, a
riposare delle grevi fatiche / il popolano
stanco
/ e la
vecchierella intirizzita e smunta.
/ S’odono
in coro / i richiami
delle madri ai figli, / e dalle
socchiuse finestrelle / si
diffondono gli umili odori / dei
semplici, celebrati desinari. // Ed ogni
sera, / la lunga
fila dei bracieri ardenti / avanti
l'uscio delle proprie case: / le donne e
gli uomini a parlare, / a ricordare
del dì le grandi imprese; / e sulle
vampe arzille a sfregar le palme / per udire
lo strofinio dei rudi calli, / gli uni
sugli altri, come per levigar / fra loro il
freddo intenso. // Oh,
stagione di tormenti e affanni /
che al
contadino neghi sino le speranze, / fuggi dai
chiari templi del levante, / ove
ritornerà l'allegra rondine a stridere, / a giubilar
pei noti campi e le forcelle / e la smania
della zagara fiorita / cancellerà
per tempo / l'aura borracina e stanca.
- La
fabbrica delle gassose
- Schegge di vetro, come gnomi felici,
/ e violenti botti sfuggivano via
/ dalla fabbrica delle gassose. / Bambini in calzoncini corti,
/ coi ginocchi scorticati
/ stavano a guardare abbagliati,
/ davanti alla fabbrica delle gassose.
/ Prodigiose alchimie,
/ meraviglie dell’acqua gassata,
/ delle pulegge contorte
/ e dei tappi d’oro e d’argento,
/ buoni per riempire di tesori
/ le misere tasche bucate.
/ Questa era la fabbrica delle gassose,
/ la fabbrica dei sogni innocenti, / delle ricercatezze e delle raffinatezze
/ della vecchia gioventù che aspettava.
- Verdi
colline d'Africa
-
ovvero, della bestia umana e della pedofilia -
- Verdi colline d'Africa /
che ridestate antiche memorie / appannate dagli anni /
e di primitivi istinti,
/ intrisi d'orrore,
/ raccogliete le gioie e i momenti,
/ i colori e i profumi vissuti
/ tra righe e parole d'incanto.
/ Ahimè, confondo
/ queste lacrime innocenti
/ d'umane tenebre rapite
/ sotto un ovvio cielo indifferente.
// Mai ho visto sparso
/ sull'erba secca delle savane
/ il sangue delle piccole iene
// Da terre lontane
/ mi toccano il cuore
/ più grandi emozioni
/ e con loro mi voglio obliare
/ di quest'infido mondo perbene.
/ Voglio andare via, lontano
/ da questi sudici uomini
/ che non posso capire,
/ da queste facce tutte uguali
/ che non posso additare,
/ da questi mostri reali
/ che non posso perdonare.
- Amore
mio che dormi
- Amore
mio che dormi
/ in
un letto di foglie secche, / dove
nemmeno il pianto / degli occhi
tuoi sedotti / ha
inumidito il cuore / che arido e
selvaggio cresce, / più chiuso
e cupo ancora. / Se io fossi…, ma non lo sono /
quello che
sogni e che desideri. / Ma cosa
sogni e cosa desideri, / amore mio
che del fuoco bruci? / Un debole
fuoco che solo io volli / per te, così,
per sempre / senza osare
più novelli ardori. / E quale
luce vedrò nei miei occhi / e nel mio
cuore di pietra / per i
confini di questo corpo infermo? / Arrancare
lo vedo dentro l’universo: / un cosmo
infinito che si muove / sfrenato e
confuso, eppure timoroso, / nel
disordine del Caos trasformista.
// Del corpo
mio mortale, / mai le
mani tue s’impadroniranno.
Animali in
casa (racconto)
Addolorata (racconto)
Sul delitto di Cogne in Valle
D'Aosta (riflessioni)