MONTE SAN BASILIO
I resti di un centro antico a Monte San Basilio
nei “Campi Leontini”
In basso: La costruzione sotterranea nel disegno di J. Houel.
Il cosiddetto Monte San Basilio è un piccolo colle che sorge
isolato nella piana di Catania (antichi “campi leontini”), a qualche chilometro
da Scordia. I suoi fianchi sono scoscesi e quasi inaccessibili: vi si sale con
meno fatica da Sud, per una stradella che giunge fino alla spianata.
Il colle ha attirato fin da epoca molto antica l'attenzione di viaggiatori e
studiosi di antichità per le sue vestigia imponenti: è citato già nella seconda
edizione delle Decadi del Fazello curata da Vito Amico (1749), con il nome di
Scordiae oppidulum e poco dopo nel Dizionario topografico di Vito Amico (1757).
Lo conoscono il Principe di Biscari (1781) e J. Houel (1785) che riproduce in
disegno il suo monumento più importante, una costruzione sotterranea a pilastri,
interamente scavata nella roccia.
Pochi decenni più tardi (1861) un erudito locale, il sacerdote Mauro Di Mauro,
pubblica il primo studio sul sito, corredato di disegni.
Alla fine del secolo Paolo Orsi dà il via alle ricerche sul terreno, con due
brevi campagne di scavo (1899 e 1922-24), individuando più fasi di vita: età del
bronzo (capanna castellucciana), arcaica (necropoli indigena e 4 anfore),
protoclassica (cinta muraria e
costruzione sotterranea), ellenistica (necropoli), bizantina (escavazioni in
roccia). Tra queste, le scoperte più significative erano la cinta muraria e la
costruzione sotterranea a pilastri.
Della cinta muraria, a grandi blocchi regolarmente squadrati, collocati con una
tecnica simile a quella della cinta di Leontini, il tratto scoperto dall'Orsi
correva lungo il limite ovest della spianata ed aveva quasi al centro un
passaggio.
La costruzione sotterranea scavata nella roccia consisteva in una grande sala
rettangolare (m. 18 x 16 ca.), con trenta pilastri, anch'essi ricavati nella
roccia, scala di accesso e copertura a grandi lastroni della stessa pietra (fig.1).
La costruzione, unica in Sicilia, vista dall'Orsi come una “conserva d'acqua”,
trova interessanti confronti nel bacino del Mediterraneo a Perge di Cilicia.
Durante l'ultima campagna, l'Orsi recuperò da una tomba (“tomba del duce
ignoto”) scoperta dentro la costruzione sotterranea, un'armatura di bronzo
(Siracusa, Museo archeologico).
Il grande studioso, data l'importanza delle scoperte, si propose di continuare
le ricerche nel sito, nel quale pensava si potesse riconoscere la Brikinnia
citata dalle fonti storiche, ma non vi riuscì.
La ripresa delle indagini, stabilita dalla Soprintendenza archeologica di
Siracusa nel 1980 e affidata all'istituto di Archeologia dell'Università di
Catania che ne diede la direzione a Sebastiana Lagona (con finanziamenti del
M.P.I. e del C.N.R. e due piccoli contributi dei Comuni di Lentini e Carlentini),
oltre a confermare l'esistenza delle fasi individuate dall'Orsi, ha portato alla
scoperta di altre costruzioni ed all'acquisizione di nuovi dati.
Il primo contributo scientifico riguarda la cinta muraria, scoperta e datata
dall'Orsi genericamente al VI secolo a.C. Di essa si conosceva un lungo tratto
che seguiva la parte alta del costone dal lato occidentale con un'apertura in
corrispondenza del punto vicino alla costruzione sotterranea; con lo scavo sul
limite est della spianata si è scoperto un altro tratto del muro che recingeva
la collina dal lato Ovest (fig.2) e un ingresso, corrispondente ad una stradella
che saliva a zig-zag dallo stesso pendio; si è, inoltre, constatato che la
cinta, costruita tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C., ebbe una
ricostruzione nel IV secolo.
L'estensione dello scavo sul limite occidentale della spianata (ad Ovest
dell'accesso alla costruzione sotterranea), ha, inoltre, consentito la scoperta
di un santuarietto rupestre e di una capanna preistorica.
Il santuarietto era costituito da due grottoni scavati nella roccia e da una
serie di muri, costruiti a grossi blocchi di arenaria o ricavati dalla roccia
(in questo caso erano simulati i blocchi con incisioni sulla roccia stessa); al
centro era una strana struttura (una specie di altare rettangolare), anch'essa
ricavata nella roccia, con una gradinata dal lato sud (fig.3). Dai materiali
rinvenuti (in particolare lucerne e statuette di terracotta riportabili al culto
di divinità femminili, forse Demetra), si è tratta la convinzione che si
trattasse di un piccolo santuario.
Forse esso era in connessione con la grande costruzione sotterranea dentro la
quale si giungeva da un passaggio aperto in una delle grotte (moderno?), dove
non si è potuto effettuare nessun saggio, data la pericolosità della copertura,
i cui blocchi in bilico rischiavano di crollare. Si spera che la Soprintendenza
ai Beni Culturali e Ambientali di Siracusa, che, con la direzione
dell'archeologa Beatrice Basile ha operato negli anni scorsi un opportuno
restauro, consenta la ripresa dell'indagine, data l'importanza
del monumento.
La capanna preistorica, individuata nell'area del santuarietto, per la presenza
di una serie di buchi per pali che ne indicavano il perimetro, molto piccola,
apparteneva alla fase
castellucciana (come quelle individuate dall'Orsi nell'altro pendio), fase alla
quale si riportava anche una tomba scoperta nei pressi, con scheletro
rannicchiato e coperchio in pietra.
Un altro interessante rinvenimento si è effettuato sul pendio orientale del
colle, in cui sono venuti in luce due complessi abitativi medioevali, costruiti
adattando muri in pietra a grotte scavate nella roccia. Particolarmente
interessante quello individuato nella zona più orientale della terrazza,
costruito con tecnica a piccoli blocchi davanti a due grandi grotte
certamente riutilizzate. L'unità abitativa, cellula familiare e produttiva di un
insediamento feudale, era costituita da una serie di ambienti disposti ad U
intorno ad un cortile con piano di roccia ed aveva il focolare nell'angolo nord,
vicino all'ingresso del grottone maggiore; era molto probabilmente coperto da
tettoia a tegole retta da pali; una larga porta consentiva l'accesso al grottone
(fig.4). I materiali recuperati confermano la cronologia dell'abitato ai secoli
XII-XIII.
La ricerca approfondita sui ruderi e lo studio sistematico dei materiali avviato
per la pubblicazione, conferma che il colle di S. Basilio, abitato prima della
fondazione di Leontini, divenne alla fine dell'età arcaica una roccaforte della
città, per la protezione della strada che collegava la piana di Catania con
Siracusa e con i campi geloi. Fu poi frequentato fino all'età ellenistica, poi
forse abbandonato e di nuovo intensamente abitato durante il Medioevo.
Pochissime le tracce dell'abitato relativo alla prima fase greca: ad esso si
riportano, probabilmente, gli ambienti rettangolari con piano pavimentale
scavato nella roccia, individuati nel lato ovest della spianata, privi di alzato
e forse databili in età arcaica, come pochi frammenti raccolti nello straterello
di terra che li ricopriva.
Non sappiamo dove fosse ubicata la necropoli relativa; sarebbe interessante se
essa fosse quella scoperta nel 1922 dall'Orsi sul vicinissimo piccolo colle
detto “Cozzo della
Tignusa”, usata a partire da epoca protoarcaica fino all'età ellenistica: i suoi
corredi più antichi confermano, infatti, il collegamento con Leontini e con la
piana di Catania. Citiamo l'esempio del cratere indigeno con la rappresentazione
di un cavallo pascente, che presenta uno schema ed uno stile che ricordano da
vicino quello di un'anfora rinvenuta in una tomba di “Cava S. Aloe”, altra
necropoli indigena dell'area leontinese, datata fra la fine del IX e gli inizi
del VII secolo a.C.
Malgrado i numerosi dati scaturiti dalle ricerche finora effettuate, non siamo
in grado di individuare il nome di questo piccolo ma ben difeso centro antico:
è, infatti, impossibile, allo stato attuale, riconoscere nei ruderi del colle un
centro di cui si conosce solo il nome. Poco valide ci sembrano le due ipotesi
finora avanzate, che collegano il piccolo centro fortificato ai nomi BRIKINNIA e
di EUBOIA. La prima ipotesi, che attribuisce i ruderi di Monte S. Basilio al
centro fortificato leontinese di “BRIKINNIA”
(Tucidide, V 4: Brikànnia$ on ôruma ùn t–Leontàn– ), proposta dal De Mauro (Sul
colle di S. Basilio volgarmente detto Casale, Lentini 1861) e “quasi” accettata
dall'Orsi (Sepolcro di duce ignoto, Siracusa 1922, p.2), costringe ad ignorare
la tradizione locale che colloca il toponimo “BRICINNIA” a Buonvicino, un
piccolo colle (“Castelluccio”) vicino a Leontini, forse più vicino alla strada
che collegava Gela a Catania, presso la quale la pone lo storico.
La seconda ipotesi, che attribuisce i nostri ruderi al centro fortificato di
EUBOIA, colonia dei Calcidesi di Leontini, accettata dal Pareti (Sicilia antica,
Palermo 1959, p.66), priva di forzature topografiche, indica un sito che appare
più vicino al fiume Gornalunga, presso il quale correva la strada citata dalla
fonte; ma è contestata da chi riconosce Euboia nella moderna Licodia Eubea.
Rimane la speranza che ulteriori opportune indagini consentano di recuperare
altri dati che risolvano il mistero di questo sito, che, comunque, rimane di
grandissimo interesse archeologico e storico.
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